

Emma racconta il cancro, 'non ero la malattia, volevo vivere'
Ospite dell'evento Ieo, ho visto i miei genitori distrutti
Emma Marrone è salita sul palco del teatro Manzoni di Milano oggi non per cantare ma per raccontare come ha affrontato il cancro, nel suo caso alle ovaie, in occasione di 'Ieo per le donne', l'appuntamento annuale dedicato all'ascolto delle pazienti. La diagnosi è arrivata quando era solo all'inizio della sua carriera ed aveva 25 anni, quasi per caso da una visita fatta perché aveva accompagnato una sua amica a un controllo. "Stavo benissimo e mi sentivo bene, l'ho scoperto perché ho accompagnato una mia amica dalla ginecologa e quindi ho fatto una visita anche io - ha raccontato -. Faccio la visita e vedo il volto di questa dottoressa mutare, 'vedo qualcosa che non mi convince', mi ha detto". Così poi c'è stata un'altra visita questa volta dal ginecologo di famiglia, "lì ho visto lo stesso sguardo del medico, che al termine della visita ha fatto entrare anche mio padre, per dire che le cose non erano affatto belle". "È come se da quel momento mi fossi estraniata dal mio corpo. Il mio problema era salvare i miei genitori prima di salvare me stessa, ho visto mia madre e mio padre invecchiare di 100 anni di colpo, distruggersi e cadere in mille pezzi - ha detto la cantante -. Quindi il mio piano era quello di salvare i miei genitori prima ancora di salvare me stessa. La situazione era abbastanza importante, si parlava di isterectomia a 25 anni. E ho fatto questo intervento che è durato 6-7 ore". "Poi è iniziata la mia vita forse, una vita strana, per assurdo è iniziata anche la mia carriera - ha proseguito -, era come se la mia testa si fosse estraniata dal corpo, io non ero quel cancro ma una ragazza giovane che voleva fare carriera, cantare, diventare famosa, e volevo vivere". "È stato un ospite importante da debellare e pensavo che fosse chiusa lì, invece mi ha torturato per 10 anni - ha concluso -, questo maledetto. Ogni volta che dovevo fare qualcosa di figo ritornava, però l'atteggiamento è sempre stato quello, io non sono quella malattia. C'è stata tanta paura di non farcela, di non avere la forza, ma la rabbia mi ha sempre spinto a dire: non puoi vincere tu". Sono circa 1500 le donne arrivate da tutta Italia per la diciottesima edizione dell'evento organizzato dall'Istituto Europeo di oncologia, un momento per ascoltare l'esperienza di chi ha vissuto l'esperienza del tumore al seno ma anche per annunciare le novità sulle cure. "La chirurgia è il trattamento standard per le donne con tumore del seno ed è il caposaldo delle cure per questa malattia. Negli ultimi 40 anni, tuttavia - ha spiegato Paolo Veronesi, direttore del programma Senologia dello Ieo - l'impegno di tutti i senologi del mondo, e in prima linea all'Istituto Europeo di Oncologia, si è concentrato nel ridurre al minimo l'invasività dell'atto chirurgico per ottenere il minore impatto possibile sulla vita della donna a parità di sicurezza oncologica. Gli studi sui trattamenti percutanei, come la crioablazione, sulla chirurgia robotica o addirittura sull'eliminazione della chirurgia dopo la terapia medica preoperatoria, vanno esattamente in questa direzione. Lo stesso processo di de-escalation sta avvenendo anche con i farmaci". "Penso che non sia lontano il futuro in cui la stragrande maggioranza dei tumori al seno potrà essere risolta con le terapie endocrine, i farmaci biologici e l'immunoterapia" ha proseguito Veronesi ricordando che "si stima che siano almeno 834.000 le donne viventi nel nostro Paese che hanno ricevuto una diagnosi di tumore del seno nel corso della propria vita (l'equivalente dell'intera popolazione di città come Torino o Palermo), e il numero è destinato a crescere con l'aumento dei nuovi casi e il progresso delle cure, che hanno innalzato il tasso di sopravvivenza a cinque anni a circa il 90%".
B.Simon--VZ